Profili di sovversivi politici seguiti dalla polizia fra gli anni del regime e la prima Repubblica
Qualunque appassionato di storia dovrebbe visitare un archivio. Un consiglio che diventa imperativo per chi scrive di storia: basarsi unicamente sul lavoro di altri storici, sebbene sia prezioso e necessario, non è sempre sufficiente. Certamente, le opere di chi ci ha preceduto sono un ottimo punto di partenza per una ricerca, oltre che materiale utile per contestualizzare i documenti nel loro contesto più ampio.
Ma è soprattutto negli archivi che ognuno dovrebbe cercare l’ispirazione per i propri lavori. I documenti per lo storico sono come la materia prima per l’artigiano. Di seguito, si espongono alcuni esempi ritenuti interessanti fra le decine di cartelle lette, per far comprendere meglio chi fossero questi “sovversivi” e come funzionasse la polizia politica del periodo.
Profili sovversivi: l’impiegato
Per comprendere quanto segue bisogna avere chiaro un punto: le indagini condotte dopo la fine della guerra spesso non avevano molte prove a cui aggrapparsi. Teoricamente si sarebbero dovuti colpire i “criminali fascisti”, quelli che si erano resi protagonisti di concrete azioni violente.
Ma come individuare simili casi? Come si poteva assicurare alla giustizia ogni criminale, ogni squadrista, ogni gerarca o funzionario? Per molti di quei crimini (si pensi a quelli commessi nel 1922, o pochi anni dopo) era ormai passato troppo tempo. Inoltre, durante il ventennio quasi tutti i cittadini vennero coinvolti in qualche modo, diretto o indiretto, nelle organizzazioni fasciste.
Colpire tutti non era possibile, semplicemente. Le indagini quindi seguirono due vie, principalmente: in primis, accertare se la persona in oggetto avesse fatto parte delle organizzazioni fasciste. In secondo luogo, cercare testimonianze su eventuali crimini commessi. Si cercò, insomma, di procedere con moderazione.
Un caso esemplare è quello di Carlo Casati (da non confondere con Carlo Casali, di cui tratteremo): “Risulta inscritto al p.n.f. dal 1922. Ha ricoperto la carca (carica) di segretario politico di Verano Brianza dal 1925 al 1943. Squadrista- Sciarpa Littorio.” Sappiamo inoltre che partecipò alla Marcia su Roma a 25 anni.
Sebbene le carte certifichino i suoi “sviscerati sentimenti” fascisti ed una lunga carriera da dirigente, ciò non basta a farlo condannare. Come viene più volte ribadito, infatti, non ci sono denunce a suo carico: è ausiliario delle brigate nere solo perché venne incorporato in automatico, in quanto iscritto al Partito Fascista Repubblicano senza mai indossare la divisa. Come citato nei documenti, “ha sempre puramente atteso al suo lavoro di impiegato presso il Credito Italiano”. Inoltre, il sindaco del suo comune, il parroco ed il locale presidente della Democrazia Cristiana garantirono per lui. Grazie a tutto ciò, venne liberato.
Profili sovversivi: il truffatore
Dossier più travagliato è quello di Mario Casaretti, fin dalla nascita. Si ricordi questo: nei documenti dell’epoca, per identificare una persona, affianco al suo nome si metteva anche quello dei genitori, o solo quello del padre (indizio, seppur indiretto, della cultura patriarcale del tempo). Invece, il soggetto viene definito “Casaretti Mario di N.N.”, ovvero di “ignoto”. Questo perché probabilmente è nato da una relazione fuori dal matrimonio.
Partecipò alle varie organizzazioni giovanili del regime, ma finì condannato per rapina. Durante la guerra si arruolò presso la legione “Muti”, dove rimase un anno, finché non venne catturato dai partigiani. Fu liberato poco dopo, come molti, per non aver commesso reati. Dopo la guerra provò, con altri compagni, a formare un’associazione chiamata “Movimento Positivista Italiano”, apartitico e anticlassista, palesemente ispirato al “Partito Nettista Italiano”, molto noto all’epoca.
Il movimento fallisce in fretta, ma Casaretti non si arrende, e sfrutta l’immagine di tale movimento per ottenere fondi:
“Costui si reca presso grosse aziende con lo scopo di fare degli abbonamenti… dicendo che si tratta di un movimento politico o che potrebbe diventare tale, in modo da cautelizzarsi nei confronti di azioni comuniste…”.
Di quali abbonamenti si parla? Ma è ovvio: abbonamenti dei giornali gestiti dal Casaretti. Peccato che, come dicono le carte, tali riviste non esistono se non “nella mente di Casoretti”. In pratica, egli si presentava da grandi aziende, col solo scopo di ottenere anticipi in denaro per giornali inesistenti. “Il Casaretti viene indicato come persona priva di dirittura morale e capace di commettere qualisasi azione pur di realizzare guadagni”. Insomma, un truffatore in piena regola.
Profili sovversivi: il torturatore
La cartella più brutale è senza ombra di dubbio quella di Carlo Casali. Le prime carte del suo dossier sembrano abbastanza benevole: il 19 settembre 1945 viene epurato dalla Commissione provinciale di Varese, “perché nulla è risultato a suo carico”. Nel febbraio 1946 il Sindaco di Viggiù fa richiesta affinché il Casali possa tornare al lavoro nell’ospedale locale.
Ma poco tempo dopo, in seguito a delle indagini, si scopre che durante la guerra il Casali era stato un collaborazionista tedesco, tanto da trasferirsi in Germania come interprete. Più precisamente, era impiegato nel campo di “Malapane” (ossia Mała Panew, nell’attuale Polonia). Nonostante ciò, sua moglie, Geltrude Casali, tentò di scagionare il marito, scrivendo che egli “non a mai fatto del male a nessuno e sempre a cercato di aiutare i suoi compatrioti” (errori presenti nell’originale). Ma più le indagini vanno avanti, più la situazione diventa greve per l’imputato.
Solo grazie alle testimonianze fu possibile capire quanto fosse profonda la tana del bianconiglio. Carlo Casali, infatti, venne indicato da più parti come un criminale violento e spietato:
“dal vicinato fu visto in divisa delle S.S. germaniche ed è conosciuto per elemento di spiccati sentimenti fascisti dedito a malefatte, persecutore di partigiani ed antifascisti. Tali informazioni sono state confermate dal C.L.N. … che ha fornito un elenco di persone perseguitate dal Casali… si dichiara che il 13 luglio 1944 il Canali con altri militi della Muti prelevavano dalla sua abitazione i suoi due figli Tettamanti Riccardo di anni 20 e Tettamanti Vincenzo di anni 17 i quali furono processati e tradotti in Germania in un campo di concentramento… Bisi Otello ha dichiarato di essere stato arrestato il giorno 2 luglio 1944…venne legato, battuto e seviziato con l’estrazione di tutti i denti con una pinza”.
Profili sovversivi nel secondo dopoguerra: l’amnistia Togliatti
La storia del secondo post-guerra italiano è caratterizzata, tra l’altro, da un mancata punizione per moltissimi crimini. È un aspetto molto complesso, con mille sfaccettature. Si dice spesso, a tal proposito, che in Italia mancò una presa di coscienza simile a quella tedesca con “Norimberga”: quello storico processo permise non solo di individuare e punire numerosi nazisti, ma soprattutto permise al paese di fare i conti con le proprie responsabilità.
In Italia tutto ciò non accadde: né per i numerosi militari protagonisti di crimini di guerra in Africa, in Jugoslavia o in Grecia, né per molti fascisti che a vario titolo operarono in Italia durante il ventennio del regime. Uno dei provvedimenti che rese possibile questa situazione fu la controversa “amnistia Togliatti”.
Il processo che avrebbe dovuto portare alla punizione dei crimini fascisti fu da subito molto problematico. Si pensi solo alla magistratura: vent’anni di fascismo avevano portato, nelle più alte sfere dello Stato, persone fedeli al regime, o che almeno non fossero oppositori.
Le intenzioni del decreto erano senz’altro nobili: si cercò, con esso, di pacificare gli animi “di tutti i buoni italiani” dopo anni di guerra intestina e di dittatura. Inoltre, teoricamente, con questo provvedimento si perdonavano solo alcune categorie di reati (come si è visto negli esempi precedenti).
Col tempo però “Passata la prima fase, gli stessi delitti, o presunti tali… vengono puniti con pene lievi e, tra condoni o amnistie, gli interessati possono trovarsi fuori nel giro di 3-4 anni. A distanza di mesi la giustizia sommaria si rovescia insomma nel perdono sommario”. Numerosi criminali, grazie a questo colpo di spugna, pagarono molto meno di quanto avrebbero meritato.
Profili sovversivi: un elemento pericoloso
Merita sicuramente attenzione il fascicolo di Luigi Castiglioni: nato il 5 febbraio 1934, di Turbigo. La descrizione iniziale non sembra preoccupante:
“operaio conciatore… risulta di buona condotta morale e civile, senza precedenti né pendenze penali… simpatizza per la democrazia cristiana. È celibe e convive in famiglia, composta dai genitori e da una sorella. – È amante del lavoro e della famiglia. Gode in pubblico buona stima e considerazione”.
Riportare così tanto della sua descrizione personale non è semplice pignoleria: il lettore deve avere ben presente che il Castiglioni non è il profilo di un criminale: anzi, le stesse carte della Questura lo dipingono in modo impeccabile.
Il cambiamento di Castiglioni
Eppure, poco dopo, qualcosa cambia. Infatti, un mese dopo viene fatta una scoperta interessante, e da quel momento Castiglioni verrà ritenuto “elemento alquanto pericoloso per l’ordinamento democratico dello Stato”. Cosa venne scoperto? Quale crimine commisse per far cambiare così tanto il giudizio sulla propria persona?
Tenetevi forte. Luigi Castiglioni… è diventato comunista! Detta così, potrebbe sembrare una barzelletta. Invece, è proprio questo che sostengono le carte della Questura: a quanto pare, il ragazzo era sempre stato simpatizzante per la Democrazia Cristiana, come la sua famiglia.
Poi, nel 1954, per motivi ignoti, ha cominciato a manifestare una nuova fede politica, sorprendendo “gli ambienti democratici cristiani e religiosi del luogo, dove era ritenuto elemento di sani principi politici e comunque favorevoli ad essi”. Avendo cominciato a professare la fede comunista e a diffonderne i giornali, il bravo ragazzo amante della famiglia e del lavoro diviene un pericolo per l’ordinamento democratico. Questo la dice molto lunga sul clima politico che si doveva respirare nel secondo dopoguerra. Da quel momento il ragazzo sarebbe stato sottoposto a “normale sorveglianza” (una forma di controllo tutto sommato blanda), che probabilmente risultò infruttuosa, visto che non ho trovato nulla di sospetto.
Fabio Streparola per Questione Civile
Bibliografia
Archivio di Stato di Milano, QUESTURA, Cartella 318
Mimmo Franzinelli, “L’amnistia Togliatti”