Sviluppo sostenibile e la coscienza ambientalista

Sviluppo: i suoi limiti, degradazione ambientale e possibili soluzioni

Negli ultimi anni, il sempre maggiore interesse per il concetto di sviluppo sostenibile ha contribuito a chiarire la relazione che intercorre tra umanità e ambiente.

Durante gli ultimi duecento anni, l’ambiente è stato per lo più considerato quale fattore esterno all’umanità e ai principi socioeconomici che governano la società moderna. In passato, aziende e governi si interessavano all’ambiente solo in relazione alla gestione delle risorse naturali.

Il concetto di sviluppo sostenibile è, dunque, il risultato di un crescente interesse verso il legame che intercorre tra i molteplici disastri ambientali, problemi socioeconomici legati alla povertà e alla disuguaglianza da una parte e le condizioni di vita delle generazioni future dall’altra.

“Sostenibilità e Sviluppo”
-N. 7
Questo è il settimo numero della Rubrica di Rivista dal titolo “Sostenibilità e Sviluppo”. La Rubrica vede la collaborazione tra le Aree di Economia e Sociologia

Il Rapporto sui Limiti dello Sviluppo

Nel 1968, 35 rappresentanti da 30 Paesi, inclusi politici, statisti e scienziati, si incontrarono per discutere dei rischi e problemi legati al cambiamento climatico. In quell’occasione venne fondato il Club di Roma.

Due anni dopo, il Club di Roma divenne un’associazione con il preciso obiettivo di analizzare le problematiche legate all’ambiente e avvertire la popolazione mondiale riguardo il probabile deterioramento dell’ecosistema terrestre nei 50 anni successivi. Nel 1972, il Club di Roma commissionò a dei ricercatori del MIT uno studio sulle future cause e conseguenze della crescita incontrollata della popolazione e dell’economia globale.

Il Rapporto sui Limiti dello Sviluppo (traduzione italiana di Limits to Growth) fu considerato la prima prova scritta di una significativa crisi ambientale che stava coinvolgendo la Terra. Basato su una simulazione al computer World3, il rapporto delineò 12 futuri possibili scenari che tenevano in considerazione la variazione di cinque grandezze fisiche (popolazione mondiale, industrializzazione, inquinamento, produzione alimentare, consumo di risorse non rinnovabili) tra il 1900 e il 2100.

Data la natura finita delle risorse e la capacità limitata della Terra di assorbire inquinamento e rifiuti, il rapporto delineò un futuro scenario molto grave per il Pianeta e i suoi abitanti. Secondo gli autori del rapporto, se la crescita delle cinque grandezze menzionate fosse rimasta inalterata nei decenni successivi, l’umanità avrebbe raggiunto i limiti dello sviluppo nei prossimi 100 anni, causando un improvviso declino demografico e produttivo con conseguente inasprimento di diseguaglianze sociali e sopraggiungere di nuove malattie, epidemie e guerre.

Gli autori proposero quale possibile soluzione a questo disastroso scenario il perseguimento di uno sviluppo senza crescita demografica e produttiva. Uno sviluppo, dunque, in equilibrio con l’ambiente.

La nascita della coscienza collettiva ambientalista

Durante gli anni Settanta del Novecento, la sempre più visibile degradazione ambientale portò alla nascita di una coscienza collettiva sui problemi ambientali. È proprio in quegli anni che l’ecologia smise di essere reclusa all’ambito scientifico per diventare parte di una sensibilità culturale diffusa.

Dal 1970 iniziò ad essere festeggiata la Giornata della Terra per sensibilizzare la popolazione mondiale sulla degradazione dell’ecosistema.

Nel 1972, le Nazioni Unite convocarono la prima Conferenza mondiale sull’ambiente a Stoccolma. La Conferenza diede vita alla Dichiarazione di Stoccolma, una dichiarazione composta da 26 principi fondamentali per guidare la popolazione globale verso la preservazione dell’ambiente. Secondo la Dichiarazione, la responsabilità sull’ambiente ricade totalmente sull’uomo che deve impegnarsi a proteggerlo e migliorarlo a favore delle generazioni future.

Definizione di sviluppo sostenibile

Nel 1987, la Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, pubblicò il Rapporto Brundtland. Tale rapporto introdusse la teoria dello sviluppo sostenibile. Secondo il rapporto, esiste uno stretto legame tra ambiente e sviluppo. Difatti, non vi può essere sviluppo con risorse naturali in via di deterioramento. Allo stesso modo, non è possibile garantire la protezione dell’ambiente se la crescita non tiene conto dell’importanza anche a livello economico dell’ambiente. Secondo la definizione fornita dal rapporto:

«Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri».

L’umanità ha dunque la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo tramite una crescita demografica ed economica sostenibile.

L’impronta ecologica

L’impronta ecologica è un indicatore utilizzato per misurare la domanda dell’umanità sull’ambiente, ossia il consumo umano di risorse naturali rispetto alle capacità rigenerative del Pianeta. Attraverso un sistema di contabilità ecologica, essa è in grado di tracciare tale domanda e di rilevare la dipendenza dell’economia umana dal capitale naturale.

L’analisi dell’impronta ecologica è uno strumento ampiamente utilizzato a sostegno delle valutazioni di sostenibilità. Tale concetto è stato introdotto nel 1996 da Mathis Wackernagel e William Rees nel loro libro Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth. Tramite questo indicatore, alcuni studi hanno dimostrato che la capacità bioriproduttiva della Terra non è sufficiente per i consumi umani dal 1970.

Secondo uno studio pubblicato nel 2017 su Environmental Reserach Letters, il modo migliore per ridurre l’impronta ecologica sul Pianeta sarebbe quello di avere meno figli, evitare l’uso di veicoli e adottare una dieta a base vegetale.

Rapporto sui Limiti dello Sviluppo: gli aggiornamenti successivi

Negli anni, il Rapporto sui Limiti dello Sviluppo è stato aggiornato. Un primo aggiornamento ha avuto luogo nel 1992 in occasione della Conferenza mondiale su ambiente e sviluppo a Rio de Janeiro. Oltre i limiti dello sviluppo (traduzione italiana di Beyond the Limits) analizza lo sviluppo globale tra il 1970 e il 1990 concludendo che la capacità massima di sostentamento del Pianeta è già stata superata.

A distanza di circa 30 anni, nel 2004 venne pubblicato I Nuovi Limiti dello Sviluppo (traduzione italiana di Limits to Growth: The 30-Year Update). Il sistema di analisi utilizzato venne ampliato e migliorato rispetto al precedente consentendo calcoli più precisi.

Le tesi sostenute sono sostanzialmente uguali a quelle trattate nei due libri precedenti, ma vengono ribadite basandosi su due concetti fondamentali, successivi alla pubblicazione del Rapporto sui Limiti dello Sviluppo del 1972. Questi concetti sono l’esigenza di uno sviluppo sostenibile, introdotta per la prima volta nel Rapporto Brundtland, e la misurazione dell’impatto umano sul Pianeta tramite l’impronta ecologica. Le conclusioni a cui giunge il rapporto sono molto simili a quelle del 1972 per quanto riguarda la visione catastrofica del futuro del Pianeta.

Durante questi ultimi decenni, sono stati molteplici gli sviluppi per il raggiungimento di un’ecoefficienza tramite l’introduzione di nuove tecnologie, una legislazione che consenta un’appropriata conservazione dell’ambiente e nuove abitudini di acquisto e consumo da parte dei consumatori. L’unico modo per invertire il processo attuale e consentire la protezione dell’ecosistema è quello, dunque, di cambiare notevolmente i valori individuali e la politica pubblica e dar avvio ad una rivoluzione sostenibile a lunga durata, come lo sono state in passato la rivoluzione agricola del Neolitico e la rivoluzione industriale.

Giulia Venuti per Questione Civile

Sitografia

Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (STOCCOLMA 1972), disponibile a: https://www.arpal.liguria.it/images/stories/Dichiarazione_di_Stoccolma.pdf

Impronta ecologica, disponibile a: /www.hisour.com

Treccani, I limiti dello sviluppo e il degrado ambientale, disponibile a: www.treccani.it/export/sites/default/scuola/lezioni/storia/LIMITI_SVILUPPO_lezione.pdf

1987: Rapporto Brundtland, disponibile a: https://www.are.admin.ch

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