Il romanzo d’appendice: la nascita del Feuilleton

Il romanzo d’appendice: una formula editoriale o un genere autonomo?

Al giorno d’oggi, si è persa l’abitudine di pubblicare romanzi a puntate su quotidiani e riviste. Si è anche persa totalmente traccia dei romanzi d’appendice di un tempo. I romanzi che inizialmente erano stati suddivisi in puntate, infatti, sono poi stati ripubblicati nella versione completa, perdendo così la loro caratteristica originaria. Quello che fu concepito come romanzo d’appendice dall’autore, oggi ci appare come un libro qualunque.

Vi siete mai chiesti, leggendo un romanzo di un autore non contemporaneo, se la vostra fruizione dell’opera fosse uguale a quella dei lettori contemporanei all’autore? Quante volte vi è capitato di non leggere il romanzo nella sua forma originaria ma in una sistemazione editoriale postuma? Il genere letterario che esploreremo oggi, il romanzo d’appendice, ci dimostra quanto possa essere differente la fruizione dell’opera letteraria molti anni dopo la pubblicazione di un’opera.

La nascita del romanzo d’appendice

Il romanzo d’appendice, noto nel 1800 col termine francese di feuilleton,  è un genere di romanzo che usciva su un quotidiano o una rivista, a episodi di poche pagine, pubblicati in genere la domenica.

Il feuilleton prende le origini dall’affermazione della stampa popolare in Francia e in Inghilterra a partire dal XIX secolo. Il suo inventore può essere rinvenuto nel direttore del Journal des Débats, Louis François Bertin.

Questa formula editoriale era nata al fine di fidelizzare il proprio pubblico interrompendo la storia in varie puntate, dunque il suo scopo era prettamente commerciale e la destinazione era rivolta ad un pubblico di massa. Ciò che importava ai direttori dei giornali era prolungare l’esistenza del giornale e delle varie testate il più possibile, fidelizzando un pubblico sempre più vasto. Poiché il romanzo trova una sua origine in una motivazione prevalentemente commerciale, gran parte della critica ha fatto difficoltà ad inserire il genere nel canone dei generi letterari, relegandolo ad un sottogenere.

L’etimologia di Feuilleton

In origine il termine feuilleton, un diminutivo di feuillet che indica la singola pagina di un libro, indicava in Francia la parte bassa della pagina di un giornale, altrimenti chiamata piè di pagina.

Sul Journal des Débats cominciarono a trovare spazio articoli di letteratura, soprattutto di critica teatrale, proprio nella sezione bassa delle pagine, quasi un anticipo delle moderne rubriche. In precedenza, invece, le notizie letterarie erano inserite all’interno dei giornali senza una collocazione fissa. Questo espediente riuscì subito gradito al pubblico e così l’iniziativa fu imitata dagli altri giornali.

La definizione romanzo d’appendice risale a quando tali storie venivano pubblicate a puntate sui giornali quotidiani in ultima o penultima pagina; solo in seguito venivano diffusi nella forma classica del libro. Una delle principali case editrici del settore fu la casa fiorentina Salani che seguì tempestivamente lo svilupparsi del mercato editoriale iniziato verso la metà dell’Ottocento, in coincidenza con la rivoluzione industriale, in Inghilterra e in Francia.

I pionieri del romanzo d’appendice

Fu l’autore francese Honoré de Balzac a prendere l’iniziativa di anticipare sui giornali alcuni capitoli dei romanzi che stava scrivendo a partire dal 1831. Balzac lo ritenne un ottimo espediente per creare l’attesa nel pubblico prima dell’uscita dell’opera completa in formato definitivo.

Solo cinque anni dopo il tentativo di Balzac, Émile de Girardin fondò il quotidiano La Presse con l’intenzione di creare un giornale a basso costo. Per mantenere i costi abbastanza bassi, il giornalista doveva fidelizzare molti lettori al giornale. Fu così che decise di sfruttare lo spazio dedicato dagli altri quotidiani alla critica letteraria per pubblicare racconti inediti a puntate. L’idea riscosse un immediato successo, aumentando sia il numero di lettori nell’immediato che di abbonati al giornale nel breve arco temporale.

I romanzi d’appendice più noti

Di conseguenza, solo la conoscenza storica ci può raccontare quali furono i libri inizialmente pubblicati a puntate. Il tutto è reso ancora più difficile dal fatto che queste informazioni non sono presenti solitamente nei libri stessi. Solo una ricerca approfondita può darci delle risposte.

Se ci immergiamo nel passato, ci appare invece evidente che i romanzi d’appendice sono molti di più di quelli che pensiamo e che la gran parte sono molto noti.

Il numero è così elevato che sarebbe impossibile citarli interamente. Infatti, il romanzo d’appendice è stato un fenomeno letterario che ha riguardato l’Europa intera e non solo. Accanto alla letteratura d’intrattenimento, considerata dalla critica come un mero sottogenere, si sono poi affiancati molti libri dal respiro più ampio, destinati a diventare grandi classici della letteratura moderna e contemporanea.

Sotto questo aspetto capisaldi del genere sono considerate alcune opere ottocentesche molto conosciute, come I miserabili di Victor Hugo, I tre moschettieri diAlexander Dumas e I misteri di Parigi di Eugène Sue . Lo stesso Edgar Allan Poe vinse un concorso letterario indetto da una rivista letteraria di Baltimora con Manoscritto trovato in una bottiglia.

Una voce femminile del panorama italiano: Carolina Invernizio

Tra le autrici più popolari del romanzo d’appendice italiano si ricorda la scrittrice di Voghera, Carolina Invernizio (1851-1916). Grazie ad un profondo legame profondo con la casa editrice Salani a cui si legò per quasi quarant’anni, i romanzi della Invernizio sono contenuti in una collana a lei intitolata, I Romanzi di Carolina Invernizio.

Il suo esordio letterario risale al 1876 con la novella Un autore drammatico, pubblicata dall’editore Barbini di Milano. L’anno seguente esce il suo vero primo successo editoriale, il romanzo Rina o L’angelo delle Alpi dall’editore fiorentino Salani. Molti altri successi vengono successivamente pubblicati sui giornali quotidiani come La Gazzetta di Torino o il quotidiano fiorentino l’Opinione Nazionale.

Dal 1907 la scrittrice intraprende una collaborazione esclusiva con Salani che durerà fino agli ultimi anni della sua vita. Gran parte dei suoi romanzi, ascrivibili al genere del feuilleton per un totale di 123 libri, presentano trame intricate dalle forte tinte passionali e storie d’amore non sempre verosimili.

Emerge spesso una contrapposizione significativa tra eroi positivi e personaggi antagonisti con delle propensioni per il macabro e il deforme. Questo si evince già dai titoli di alcuni romanzi, quali Il bacio d’una morta, (1886), L’albergo del delitto (1905) e La sepolta viva (1896).

Nonostante la sua produzione fu apprezzata significativamente dal pubblico, specialmente da un pubblico femminile, gran parte della critica non accolse favorevolmente la sua produzione definendola una “gallina della letteratura popolare”, come dimostrato dalle sprezzanti parole di Antonio Gramsci.

Conclusione

Dunque, nonostante il genere della letteratura d’appendice sia stato storicamente sottovalutato e ridimensionato nella sua pretesa serietà assieme agli autori che l’hanno rappresentato, il feuilleton può essere considerato il genere d’elezione per il raggiungimento di un vasto pubblico. La stessa modalità di fruizione culturale del feuilleton non è forse la nostra curiosità di conoscere gli sviluppi dell’episodio della nostra serie Netflix preferita?

Giulia Marianello per Questione Civile

Sitografia

www.letteraturadimenticata.it

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