La parola per persuadere
L’importanza che i Greci davano all’”arte della persuasione” è ben testimoniata da una motivazione che potremmo definire semantica. Essi, infatti, nel parlare quotidiano non avevano un termine che significasse “ubbidire”. Quel verbo di diatesi media che gli studenti del liceo classico imparano a tradurre in questo modo, in realtà vuol dire “essere persuaso”. Questo verbo, da solo, evidenzia la rilevanza che i Greci attribuivano alla parola e ai discorsi, al discutere e all’argomentare, al convincere e all’essere convinti.
La parola ad uso politico
Ad Atene, città greca culla della democrazia, quasi chiunque era libero di esprimere la propria opinione nell’ambito delle questioni civiche. L’arte della persuasione era una virtù necessaria a chiunque volesse parlare pubblicamente con successo.
Un discorso, perché fosse ben formulato e facesse veramente presa sull’uditorio, doveva impercettibilmente unire persuasione e seduzione, raggiungere gli animi in maniera nobile e non becera. Un esempio calzante è il celebre epitafio pronunciato da Pericle al termine del primo anno di Guerra del Peloponneso (431/0 a.C.) e riportato nel II libro delle Storie di Tucidide.
Aldilà dei contenuti di questo discorso, ancora oggi oggetto di dibattito tra gli studiosi, è il caso di soffermarsi sul tono e il tenore generale dell’epitafio, che lo rendono uno dei testi più memorabili ed intensi che l’antichità ci abbia mai trasmesso. Pericle esalta l’ordinamento democratico ateniese, la partecipazione dei cittadini e l’uguaglianza sul piano politico. Non manca di far riferimento agli antenati, che con le loro gesta garantirono la libertà ad Atene.
Tutta questa retorica, criticata da alcuni come effimera esaltazione, tanto nel momento in cui il discorso fu pronunciato quanto dai lettori moderni, dovette far breccia nei cuori dei più. Pericle non aveva assunto un atteggiamento saccente, pontificando dall’alto, ma si era calato nella collettività, rivolgendosi a tutti: ai defunti e ai vivi, ai ricchi e ai bisognosi, a chiunque volesse difendere la propria patria.
Il politico ateniese è riuscito a convincere, a commuovere, ma non si è limitato a questo. In alcune delle espressioni riportate da Tucidide non manca l’inconfondibile timbro della seduzione. Così potremmo forse spiegarci perché circolava la voce che, nel discorso di Pericle, ci fosse lo zampino di una donna, la sua compagna Aspasia.
La parola per sedurre
Seduttori e persuasori perseguono un obiettivo comune, ovvero quello di condurre l’interlocutore dalla propria parte attraverso charme e adulazioni. Anche in questo caso i Greci avevano un solo termine che indicasse la persuasione e la seduzione: peithó.
Volendo individuare una differenza tra queste due azioni, essa risiede nel fatto che la seduzione è, forse, una forma di persuasione precedente, nella quale è possibile anche fare a meno dell’uso della parola.
È impossibile far riferimento alla seduzione nel mondo antico, senza menzionare colei che indossa perfettamente e costantemente le vesti della seduttrice. Afrodite, dea della bellezza e del desiderio amoroso, protagonista di uno dei più celebri componimenti della poetessa Saffo, nel quale il legame tra la dea e la seduzione è quanto mai inscindibile.
La poetessa di Lesbo, innamorata di una delle fanciulle del suo tiaso, vede la sua passione non corrisposta. Esordisce, dunque, in un’invocazione appassionata alla dea perché sia sua alleata nella “guerra” amorosa, facendo sì che la poetessa sia riamata.
Saffo, frammento 1 V. (traduzione di Salvatore Quasimodo)
O mia Afrodite dal simulacro
colmo di fiori, tu che non hai morte,
figlia di Zeus, tu che intrecci inganni,
o dominatrice, ti supplico,
non forzare l’anima mia
con affanni né con dolore;
ma qui vieni. […]
E tu, o beata,
sorridendo nell’immortale volto
chiedesti del mio nuovo patire,
e che cosa un’altra volta invocavo,
e che più desideravo
nell’inquieta anima mia.
“Chi vuoi che Peito spinga al tuo amore,
o Saffo? Chi ti offende?
Chi ora ti fugge, presto t’inseguirà,
chi non accetta doni, ne offrirà,
chi non ti ama, pure contro voglia,
presto ti amerà.”
È opportuno fare una breve precisazione, per approfondire la quale è opportuno il rimando a commenti filologici (vedi bibliografia). È incerto se nel testo greco si nomini veramente Peithó con la lettera maiuscola, la dea della seduzione. La maggior parte degli editori stampa péitho con la minuscola, intendendo il verbo coniugato alla prima persona singolare “io persuado”.
Aldilà di questo, Saffo ci presenta un’Afrodite seduttrice, “tessitrice di reti” dalle quali è impossibile fuggire. Chi prova a resistere offende la dea e se prova a non amare si vedrà costretta a farlo. In amore vince chi seduce.
La parola in Omero
Una delle formule più ricorrenti in Omero, usata circa centoventi volte tra Iliade e Odissea per introdurre un discorso diretto è épea pteróenta ovvero “parole alate”. Il riferimento potrebbe essere alle ali degli uccelli oppure alle penne delle frecce, in grado di volare dritte verso l’obiettivo, per far breccia, nel caso delle parole, nel cuore di chi le ascolta.
È chiaro che Omero, usando quest’espressione, è ben consapevole della potenza delle parole, con le quali è possibile duellare come fossero armi. Non è un caso, quindi, che l’Iliade, il poema della guerra, sia costituita per quasi la metà da discorsi diretti, pronunciati davanti ad un pubblico di uno o più destinatari. Per approfondire questo aspetto, rimando al lavoro della dottoressa Valeria Fina, che analizza in maniera approfondita le orationes rectae nelle scene tipiche di assemblea dell’Iliade.
Conclusioni
A conclusione di questo articolo, è giusto riprendere le parole di Laura Pepe, docente di Diritto greco antico presso l’Università degli Studi di Milano, autrice di un saggio illuminante “La voce delle Sirene”.
La Professoressa afferma che, in un tempo come il nostro, scandito da motti concisi e da slogan d’effetto, dominata da una comunicazione troppo spesso ridotta al numero limitatissimo dei caratteri ammessi in un tweet, ci sia concesso il privilegio di sondare la forza, la versatilità, la bellezza che i nostri antenati riconoscevano alla parola e al suo incredibile potere.
Marco Alviani per Questione Civile
Bibliografia
Laura Pepe, La voce delle sirene, Laterza. Bari, 2020
Per le interpretazioni sull’epitafio di Pericle:
Domenico Musti, Demokratia, Laterza. Bari, 2013
Luciano Canfora, Il mondo di Atene, Laterza. Roma-Bari, 2011
Sul frammento di Saffo:
E. Degani et G. Burzacchini, Lirici greci, Patron editore. Bologna, 2018