La Redazione di Questione Civile ha il piacere e l’onore di intervistare il Presidente del Rotaract Club Milano Duomo, Dott. Alessandro Generali. Il Rotaract è un’associazione giovanile internazionale di service club promossa dal Rotary International e rappresenta un avamposto locale importante per lo sviluppo del territorio, per la crescita culturale della comunità e per la diffusione del sentimento di solidarietà internazionale. Al Dott. Generali abbiamo chiesto di raccontare l’esperienza dell’associazione in questi ultimi anni.
Cos’è il Rotaract Club e per quali scopi nasce?
«Il Rotaract è un’associazione promossa dal Rotary International ed è destinata a uomini e donne di età maggiore di 18 anni, attivi, solidali e con potenziali qualità di leadership. Lo scopo del Rotaract è offrire a giovani studenti e professionisti l’opportunità di una crescita intellettuale, professionale e umana d’eccellenza. Il fine ultimo è potenziare le conoscenze e le competenze che saranno alla base della loro capacità di affrontare nel modo migliore gli interrogativi e i problemi che verranno dalla necessità di dare risposte efficaci alle esigenze materiali e sociali delle loro comunità di appartenenza. Tutto ciò attraverso la promozione di relazioni di fattiva solidarietà e collaborazione tra i popoli, grazie alla loro disponibilità a prestare un servizio attivo e generoso, basato su valori umanitari e cosmopolitici.
I Club Rotaract organizzano attività di raccolta fondi con lo scopo di soddisfare le esigenze delle comunità locali, attività volte a favorire l’accettazione e la comprensione della multiculturalità. Inoltre, promuovono la reciproca collaborazione internazionale, riunioni formali sulla vita interna dell’associazione, relazioni su temi di pubblico interesse, visite ad aziende, attività culturali, campagne di sensibilizzazione nelle scuole. Tutte le attività Rotaract rispondono a esigenze sentite a livello locale e si pongono l’obiettivo primario di dare una risposta a quelle richieste. Ciascun socio impegnato nell’organizzazione di queste attività ha la possibilità di servire concretamente la comunità locale e di sviluppare capacità professionali e doti direttive.
In totale, sono attivi oltre 11.000 Club Rotaract, che contano circa 250.000 soci in 170 paesi del mondo. In Italia sono presenti 440 Club, con circa 7.000 soci, organizzati in 14 zone denominate Distretti.
Fra questi, il distretto Rotaract 2041, di cui il Rotaract Milano Duomo fa parte, è il primo e unico distretto metropolitano in Italia e comprende il territorio della Città di Milano. Il distretto metropolitano è attivo dal 1° luglio 2015.»
Quali sono state le attività che il Rotaract Club Milano-Duomo ha svolto prima della pandemia e quali scopi avevano?
«Le attività del Rotaract Club Milano Duomo sono state e sono numerosissime. In particolare, prima della pandemia lo sforzo maggiore si è concentrato nel sostegno alle situazioni di maggiore criticità sociale e comunque bisognose di supporto da parte di iniziative di volontariato. Fra le molte, a titolo d’esempio ̵ e tralasciando le attività di mero supporto economico a soggetti e gruppi in condizioni di accentuata difficoltà e marginalizzazione, difficili da elencare per la loro molteplicità e frammentazione ̵ ricorderei il sostegno costante e attivo, in considerazione del valore umanitario e sociale dell’iniziativa, della mensa dell’Opera San Vincenzo. Un altro progetto perseguito con determinazione e costanza dal Club è stato il supporto e la promozione della donazione di sangue tramite l’AVIS, service (così si chiamano le nostre attività di servizio alla società), che è stato ora sviluppato anche in ambito distrettuale e regionale. Inoltre, in collaborazione con il Rotary Milano Duomo, il nostro Club ha sempre sostenuto il progetto di Ippoterapia presso il carcere di Opera.»
Quali sono state per il vostro Service Club le maggiori difficoltà e le conseguenze sociali e progettuali durante l’emergenza pandemica?
«Certamente per il nostro Club, ma come credo per tutto il Rotaract e per la maggior parte delle associazioni che attivamente si impegnano sul territorio, è stato molto complesso proseguire le usuali attività durante il lockdown e l’emergenza pandemica. A ciò si deve aggiungere che, in quasi due anni di pandemia, i rapporti sociali hanno subito una progressiva sfaldatura, che ha indebolito in molti casi i legami solidaristici e la propensione per le attività associative, comportando frequentemente uno scompenso negativo nel naturale ricambio dei soci. Fortunatamente il nostro Club non ha patito questa criticità e non ha perso la propria motivazione sociale e solidaristica, sia continuando a sostenere l’azione dell’Opera San Vincenzo attraverso la consegna porta a porta di sacchetti alimentari, sia evitando la perdita dei propri soci, grazie alla loro fidelizzazione ai valori dell’associazione e alla loro ferma determinazione a continuare a perseguirne i progetti.»
Ritiene che la pandemia avrà effetti futuri ancor più negativi sul terzo settore in Italia? in particolare sull’associazionismo giovanile?
«In realtà, credo che la crisi dell’associazionismo sia di più ampia portata e abbia delle ragioni meno contingenti rispetto alla pur innegabile azione di disgregazione sociale provocata dalla pandemia. Come è sempre successo, esiste un naturale iato e una certa difficoltà di comprensione fra le diverse generazioni, che spesso impediscono a quelle precedenti di cogliere le esigenze emergenti delle successive. Anche guardando alla mia stessa esperienza personale di diciottenne, pur molto sensibile alle problematiche sociali e politiche, ricordo perfettamente che non mi sentivo affatto compreso dalla generazione precedente dei trenta/quarantenni di allora.
Lo stesso accade ora, con l’aggravante di una sempre più accentuata crescita della disillusione e del disinteresse politico e sociale delle nuove generazioni, causata principalmente da una radicale mancanza di fiducia nella correttezza dei decisori politici, del mondo istituzionale e delle élite sociali. Una tale sfiducia genera pessimismo e favorisce il prevalere della disgregazione dei valori sociali e dell’individualismo. Compito degli adulti e delle associazioni di qualificazione e di volontariato sociale come il Rotaract è di mostrare con l’esempio ai giovani che esistono anche altre logiche rispetto a quelle degradate che purtroppo caratterizzano spesso la vita politica, amministrativa e civile della nostra società. È proprio con l’impegno personale, l’onestà intellettuale e pratica, la solidarietà e la collaborazione che si può pensare di correggere quelle storture e operare per la creazione di una società dignitosa, trasparente e inclusiva. In questo credo che il terzo settore possa avere un ruolo determinante nel miglioramento e nella qualificazione della vita sociale e civile.»
Quali saranno le attività e gli obiettivi che il Rotaract Club Milano-Duomo svolgerà primariamente per valorizzare la centralità dei service club in un’era post-pandemia?
«In realtà, a parte il periodo della piena pandemia, il Club ha proseguito tutte le proprie attività e, anzi, ha aggiunto un nuovo servizio mensa tramite la Fondazione Progetto Arca. Fra le altre associazioni sostenute in questi anni vengono a rilevare: Avvocato di Strada, con l’obiettivo di sostenere le spese legali di persone senza fissa dimora; Telefono Donna, con il fine di supportare donne vittime di violenze domestiche; Croce Bianca sezione Vialba, che ci ha fornito un corso di primo soccorso con i fondi donati dal Club; Mary’s Meals, con la finalità di procurare pasti a bambini e ragazzi durante lo svolgimento delle attività scolastiche in oltre venti paesi del mondo. A questi devono aggiungersi numerosi altri progetti, fra i quali marenostrum, per la pulizia degli oceani dalla plastica, e il progetto distrettuale del Governatore Rotary per il Distretto 2041 “Milano… del Futuro”, con l’obiettivo di individuare le criticità di Milano nel post-pandemia e di proporre soluzioni alle amministrazioni per la loro risoluzione.
I service che la mia squadra ed io abbiamo cercato di impostare quest’anno presentano un mix di aspetti culturali e sociali: uno dei service di cui vado più fiero è quello della “Milano… del Futuro”, che sto sviluppando insieme al presidente del mio Rotary, Stefano Linati. Abbiamo intenzione di curare un volume, a firma dei due club, che raccolga i testi delle conferenze tenute su questo tema nelle nostre riunioni da personaggi a capo di istituzioni culturali cittadine e contributi di altri protagonisti della vita culturale o professionale di Milano. Il volume dovrebbe configurarsi come una sorta di libro bianco rappresentativo, anche se senza alcuna pretesa di esaustività, della vita culturale milanese durante e dopo la pandemia, e come un quadro delle esigenze e delle richieste di quel contesto, da rendere pubblico e da trasmettere ai decisori politici e amministrativi per sostenere la cultura milanese e i suoi progetti.
Questo non ci ha fatto certo dimenticare le attività di servizio sociale più tradizionali, ma, viste le competenze e le potenzialità dei nostri soci, mi è sembrato logico cercare di sfruttare queste risorse servendo la nostra comunità anche sul piano culturale, che, alla lunga, sono convinto che sia uno degli elementi fondamentali per promuovere la crescita economica e lo sviluppo civile.»
Secondo lei, a quale ruolo sociale potrebbero massimamente ambire i giovani in un Paese in cui l’associazionismo culturale ed il volontariato giovanile, purtroppo, sembrerebbero essere molto disincentivati e per certi versi sottovalutati?
La domanda piuttosto è: quando mai l’associazionismo culturale e il volontariato giovanile sono stati incentivati e tenuti in considerazione? Sia nella mia esperienza di “giovanissimo”, di “giovane” e di “meno giovane”, ho sempre incontrato un’assoluta indifferenza, se non a volte anche un’ostilità, da parte di molti decisori politici e istituzionali ad accogliere le proposte e le richieste del mondo associativo e del terzo settore giovanile. I corpi intermedi giovanili vengono tenuti in considerazione e blanditi quando appaiono promettenti bacini elettorali o potenziali volani di consenso. Diversamente, quando si pongono come coscienza critica o si impegnano in modo effettivo in progetti sociali, culturali e civili non allineati alla prassi politica e amministrativa dominante, vengono ignorati e marginalizzati.
Inoltre, in Italia, il giovane è spesso visto come un bambino un po’ più cresciuto da ricevere e ascoltare quando appare in qualche modo utile farlo, per i motivi che si sono detti, ma che, alla fine, non si ritiene capace di amministrare o di aiutare davvero. Anzi, in realtà, rispetto al passato, devo dire che riscontro una maggiore apertura negli ultimi anni verso i giovani. Il Comune di Milano ha designato assessori molto giovani e competenti, l’Assessore Bolognini, della Regione Lombardia, sta lavorando duramente in tal senso. Non mi sentirei di dire quindi che il ruolo dei giovani sia in declino, quanto piuttosto in crescita.
Il ruolo sociale a cui i giovani potrebbero (e dovrebbero) ambire risiede soprattutto nell’utilizzo delle proprie conoscenze specifiche per servire la propria società mediante interventi sul piano intellettuale e professionale. Nel mondo cattolico, moltissime associazioni operano con discreto successo nel sociale, e ogni associazione laica potrebbe solo avvicinarsi ai loro standard, difficilmente raggiungerli. Quello che spesso manca è invece una risposta laica e intellettuale ai problemi sociali, che permetterebbe di conseguire un valore aggiunto notevole rispetto al servizio sociale tradizionale, già ampiamente sviluppato.»
Che tipo di messaggio sente di voler mandare ai giovani che sono impegnati in attività di associazionismo culturale o volontariato in questo momento?
«In un mondo di individualismo e cinismo spinto, l’impegno laico nel sociale dei giovani è di assoluta importanza proprio per la necessità di riscoprire una morale altruista, inclusiva e globalista, attenta ai problemi della società ma con la consapevolezza che, se non risolti, quelli della società diventeranno ben presto anche i problemi dell’individuo. Abitando a Parigi, noto spesso come zone molto qualificate e d’élite sono vittime di delinquenza e microcriminalità dovute ai forti squilibri sociali presenti sul territorio; a Milano la situazione è ben più serena, e questo è un tesoro prezioso da mantenere intatto. Meno disparità sociali ci sono, più equilibrio, civiltà, serenità, distensione nei rapporti e sicurezza ci saranno per tutti.
Infine, tutti devono ricordarsi sempre che lo sviluppo di progetti nel sociale è altamente professionalizzante, e lascia sempre qualcosa a tutti per il resto della vita, sia dal punto di vista umano e dell’esperienza personale sia da quello lavorativo. Impegno per gli altri, service, beneficenza: tutto molto utile per la società, ma anche per noi stessi.»
La Redazione di Questione Civile
Ringraziamo Rotaract Club Milano-Duomo per l’intervista concessa. Per saperne di più, vi invitiamo a seguire la pagina Instagram @racmilanoduomo e Alessandro Generali su Linkedin.