Númenor e Atlantide: dalla Grecia alla Terra di Mezzo

Confronto tra la tolkeniana Númenor e la mitologica Atlantide

Gli eventi riguardanti la fondazione e la caduta di Númenor, isola e popolo dal quale discenderanno, nell’era della Guerra dell’Anello, la popolazione di Gondor, e i personaggi Boromir e Faramir, nonché Aragorn, sono raccontati per la maggior parte nel Silmarillion, con qualche citazione nei “Racconti Incompiuti”.

Tolkien: un viaggio tra storia, arte e mitologia
-N. 9
Questo è il nono numero della Rubrica di Rivista dal titolo “Tolkien: un viaggio tra storia, arte e mitologia” che vede la collaborazione tra le Aree di Storia Antica e Medievale, Lettere, Arte, Cinema e Storia Moderna e Contemporanea

La fondazione di Númenor al principio della Seconda Era della Terra di Mezzo

Al termine della guerra conosciuta nel mondo di Arda come la Guerra dei Gioielli o guerra dell’Ira, i Valar, le Potenze dell’Ovest, che avevano alfine sconfitto il loro eterno nemico, Melkor, resero dei doni a coloro che li avevano aiutati.

Agli Elfi del Beleriand, il cui territorio era stato distrutto dall’esercito di Melkor, fu data la possibilità di tornare nel Reame Beato, Valinor, e di vivere in pace con i Valar.

Agli Edain, coloro che tra gli uomini avevano combattuto dal lato dei Valar, guidati dal loro capo Elros, fu donata una nuova casa, lontana dalla distruzione che le guerre avevano portato nella Terra di Mezzo.

Imbarcati sulle navi di Cirdan il Navigatore e guidati dalla stella di Eärendil, padre di Elros, il popolo degli Uomini giunse sull’isola di Numenor. L’isola, posta in mezzo tra la Terra di Mezzo e Valinor, ma distante da entrambe, fu sollevata dal fondale appositamente da Össe, uno dei Maiar che serviva Ulmo.

L’isola, chiamata dai Valar Andor, ovvero Terra del Dono, fu chiamata dai suoi abitanti Númenórë, mentre il popolo di Elros prese il nome di Dúnedain, o Numenoreani. A costoro i Valar donarono anche una vita lunghissima, tre o quattro volte più lunga rispetto a quella degli altri uomini, abilità manuali e intellettive superiori e una corporatura fisica più forte. Per quanto uomini mortali, dopo il Dono, i Númenoreani apparivano ai popoli della Terra di Mezzo più simili agli Elfi.

Un solo limite i Valar posero ai loro prediletti tra gli uomini: il Bando dei Signori d’Occidente. Mai abitante di Númenor avrebbe potuto navigare verso occidente e raggiungere Valinor. Con questo provvedimento, Manwë, signore dei Valar, voleva evitare che gli uomini si invaghissero dell’immortalità dei Valar e degli Eldar, che gli era preclusa secondo il disegno del Dio supremo, Eru Ilúvatar.

Tar-Minyatur e le tradizioni di Númenor

Il primo re di Númenor, colui che condusse all’isola il popolo degli Edain, fu Elros, che assunse il titolo reale di Tar Minyatur alla sua ascesa al trono nel trentaduesimo anno della Seconda Era.

Elros era discendente da tutte le grandi case di Elfi e di Uomini che erano state protagoniste della Prima Era. Suo padre, Eärendil, era figlio di Idril Celebrindal, a sua volta figlia di Turgon re di Gondolin, e di Tuor, figlio di Huor e unico tra gli uomini mortali a cui fu concesso vivere a Valinor.  Sua madre, Elwing, era figlia di Dior, a sua volta figlio di Beren e Luthien, figlia di Thingol e Melian.

Sia per parte di padre, che per parte di madre, Elros possedeva il sangue sia degli Elfi che degli Uomini, così come suo fratello, Elrond il Mezzelfo. Proprio per questa discendenza, ai due figli di Eärendil fu offerta la possibilità di scegliere se appartenere al popolo degli Uomini o degli Elfi. Elrond scelse di diventare un Elfo, mentre Elros di vivere come uomo. Nonostante la scelta di una vita mortale, Elros visse per cinquecento anni e regnò sull’isola di Númenor per più di quattrocento.

Durante il regno di Elros Tar-Minyatur, furono costruite le grandi città di Numenor e furono stabilite le maggiori tradizioni dell’isola. Durante i primi anni del suo regno e con l’aiuto degli Elfi fece costruire la grande capitale di Armenelos, o Città del Re. Nella città fu anche piantato il seme di Nimloth, l’Albero bianco discendente dai due alberi di Valinor. Nimloth è, inoltre, l’antenato dell’Albero Bianco di Minas Tirith.

Elros, inoltre, stabilì una serie di cerimonie stagionali che si compivano in onore dei Valar e di Eru Ilúvatar sulla cima del monte Meneltarma, la montagna più alta di Númenor.

A lui successe suo figlio, Tar-Vardamir, che abdicò l’anno successivo a favore di suo figlio, Tar-Amandil.

L’allontanamento dai Valar

Durante i regni di Tar-Ciryatan e di suo figlio Tar-Atanamir, un’ombra si abbatté sull’isola. Gli uomini iniziarono a temere la morte più di qualsiasi altra cosa e a desiderare la vita immortale degli Eldar e dei Valar. Molti, tra cui lo stesso re Tar Atanamir, iniziarono a parlare apertamente contro i Valar e a chiedersi se il Bando da Valinor fosse stato pronunciato come punizione per non raggiungere la vita immortale.

Gli Elfi di Tol Eressea raccontarono tutto a Manwe che, preoccupato, inviò ambasciatori a Númenor. Tar-Atanamir non ascoltò però i consigli di Manwe e gli abitanti dell’isola si spaccarono in due fazioni. Da un lato c’erano gli Uomini del Re, che parlavano e agivano contro i Valar. Dall’altro lato c’erano gli Elendili, amici degli Elfi, o Fedeli, che continuavano a adorare i Valar e ad essere, come suggerisce il loro nome, amici degli Elfi.

L’ossessione per la morte e per come evitarla crebbe nell’isola, tanto che i suoi abitanti cominciarono a perdere i doni a loro dati dai Valar. Più erano ossessionati dal vivere a lungo, più la loro vita si accorciava e desideravano sempre maggiori ricchezze e potenza. Cominciarono a conquistare e sottomettere vaste zone sulle coste della Terra di Mezzo. I territori dove in passato erano stati considerati re benevoli ora erano costretti a pagare pesanti tributi, in denaro e schiavi. Solo uno dei re che seguirono Tar-Atanamir tentò di cambiare le cose e riavvicinare Númenor alla grazia dei Valar, ma invano. Tar-Palantir morì infatti lasciando un regno dilaniato dalle lotte interne, lasciando una sola figlia, che divenne regina con il nome di Tar-Miriel.

Il regno di Ar-Pharazôn

Pharazôn era nipote di Tar-Palantir. Suo padre era stato uno dei più feroci oppositori al regno del fratello ed era contrario alla sua politica di riavvicinamento a Valinor. Cresciuto con le medesime idee del padre, Pharazôn vide nella morte di Tar-Palantir e nella debolezza della figlia, l’occasione della sua scalata. Sposò Tar-Miriel con la forza e le rubò il trono, relegandola al ruolo di regina consorte con il nome di Ar-Zimraphel. Uomo amante della guerra, il nuovo re Ar-Pharazôn, attaccò e sconfisse Sauron, che si era fregiato del titolo di re degli Uomini. Nella sua superbia però, non seguì il consiglio di Gil-Galahad, supremo re degli Elfi della Terra di Mezzo. Non uccise Sauron, ma lo riportò a Numenor come prigioniero.

Qui Sauron compì l’ultima parte del suo piano. Avvelenò con le parole la mente del re e degli abitanti di Númenor, spingendoli a credere che l’unico vero dio fosse Melkor, non i Valar, ne Eru. Fece costruire un imponente tempio dedicato al culto del suo antico maestro. Sull’altare fu bruciato Nimloth, l’albero dono degli Elfi, e furono sacrificati innumerevoli Fedeli e schiavi.

La caduta di Numenor

Ar-Pharazôn ormai anziano e spaventato dalla morte, si fece convincere da Sauron a compiere l’offesa definitiva ai Valar. Preparò un grande esercito, con il quale attaccare Valinor stessa. Durante la preparazione della flotta da guerra, Manwe mandò diversi segnali, come ultimo avviso a non proseguire.

Un ghiacciato inverno si abbattè su Númenor, seguito poi dalle aquile, da tuoni e lampi. Uno dei lampi, il più potente di essi, si abbattè sul tempio di Melkor e lo ditrusse. Sebbene molti a Númenor iniziassero a morire sotto i colpi di avvertimento dei Valar, Ar-Pharazôn continuò nei preparativi e salpò. Superò Eressea e giunse infine sulla spiaggia di Aman, indisturbato. Iluvatar stesso si mosse però al posto dei Valar, per punire la superbia dei Numenoreani. Aprì la terra e fece sprofondare la flotta e l’esercito al centro della terra, dove i soldati e lo stesso re avrebbero vissuto una vita immortale, scontando la pena della loro offesa. Per quanto riguarda Nùmenor, essa fu completamente distrutta da terremoti e maremoti e si inabissò.

Il mito di Atlantide

Avendo un minimo di familiarità con la mitologia greca, dopo aver letto la storia di Númenor è abbastanza immediato pensare al celebre mito di Atlantide, menzionatoci per la prima volta da Platone nel Timeo e nel Crizia. Atlantide sarebbe stata una grande isola situata di fronte alle Colonne d’Ercole, terra ricca e prosperosa, forte militarmente e regina dei mari.

La rovina di Atlantide e della sua grandezza fu causata dall’avidità di potere che corruppe i suoi abitanti,  i quali cercarono di assoggettare buona parte dei territori vicini. Alla fine, però, vennero sconfitti dagli Ateniesi e la loro isola fu distrutta da una catastrofe naturale. L’esistenza di questa terra fu tramandata oralmente finché non arrivò a Platone, che la citò nei suoi “Dialoghi“. In molti, a partire da Aristotele, non credono che Atlantide sia mai esistita. Nonostante ciò, la sua leggenda ha affascinato per secoli moltissimi studiosi, mistici, archeologi, astrologi, tutti alla ricerca dell’isola perduta.

Tra gli intellettuali più illustri appassionati al mito di Atlantide, dobbiamo includere J. R. R. Tolkien. In alcune sue lettere, infatti, afferma di avere una vera e propria “ossessione” per Atlantide, tanto da definire questo suo tormento come “complesso di Atlantide”. Tolkien confessa, senza troppi giri di parole, di aver creato Númenor proprio per adattare alla sua mitologia la tradizione di Atlantide.

Analogie tra Númenor e Atlantide

I punti di contatto tra Númenor e Atlantide sono molteplici. Partendo dalle caratteristiche fisiche, entrambe sono delle grandi isole, poste lontane dalla costa continentale e quindi difficili da raggiungere.

È interessante porre l’attenzione sulla loro fine: entrambe, dopo un periodo di estrema prosperità, in brevissimo tempo subiscono un declino che le porta al totale collasso. Esso è dovuto, in entrambi i casi, all’avidità, ambizione e sete di dominio che colpiscono i loro abitanti, i quali peccano di una sorta di “hybris”, contro i Valar nel caso di Númenor e contro gli Dei, in particolare Poseidone, nel caso di Atlantide. La distruzione delle due isole è irreversibile: non ne resta, infatti, più traccia.

Entrambe, inoltre, ci vengono presentate come delle gemme preziose all’interno dei loro mondi, dei loci amoeni in cui era possibile condurre una vita felice e tranquilla. Sono luoghi che sembrano essere di gran lunga migliori rispetto al resto dei territori circostanti, eppure crollano per via dell’arroganza degli uomini che li abitano.

Martina Parini e Marco Alviani per Questione Civile

Bibliografia e sitografia

J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, a cura di C. Tolkien, Bompiani, 2017
J.R.R. Tolkien, The Lord of the Rings, Houghton Mifflin Harcourt, 2021
J.R.R. Tolkien, Racconti incompiuti, a cura di C. Tolkien, Bompiani, 2017

www.tolkienItalia.net

www.signoredeglianelliisda.forumfree.it

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