Siena prima di Duccio di Buonisegna: Guido da Siena, Rinaldo da Siena e Dietisalvi di Speme
Quando, generalmente, si parla di pittura senese di XIII secolo, inevitabilmente si pensa a Duccio. Ma prima di lui cosa c’era? Qual era il fermento culturale che animava Siena? Quale fu l’humus artistico in cui crebbe e si formò Duccio di Buoninsegna?
Siena prima di Duccio
E già stata opportunamente evidenziata da Ferdinando Bologna nella seconda metà del Novecento, al fine di comprendere al meglio “l’enorme grado di coesione allora vigente all’interno della stessa parità delle arti”[1], l’importanza del fatto che proprio un calligrafo e miniatore come maestro Giovanni fosse, nel 1229, il direttore dei lavori per la costruzione del Palazzo Pubblico di Siena. Tale episodio è emblematico di come, in particolar modo a Siena, non esistesse alcuna differenza tra le arti e di come i “ruoli” degli artisti potessero venire scambiati: così un miniatore poteva essere anche scultore e pittore[2]. Va tenuta presente, parlando di tale “confluenza e fluidità delle arti”, la “mobilità” da un mestiere all’altro era agevolata dall’alto grado di preparazione tecnica nei diversi campi artistici, che consentiva di praticare indifferentemente l’oreficeria e la sfragistica, la pittura e la miniatura, la scultura e l’architettura.
In questo contesto sarà bene, e utile, ricordare il caso assai noto di Duccio di Buoninsegna che nel 1228 era intento a decorare dodici casse per contenere i registri del Comune[3].
Guido da Siena e la tradizione bizantina
Per poter capire in pieno l’arte duccesca è bene comprendere cosa e chi lo ha preceduto.
Una personalità imprescindibile fu, indubbiamente, Guido da Siena.
Partiamo dal principio, dalla falsa interpretazione della data del 1221, posta in calce alla Maestà di Guido da Siena della chiesa di San Domenico. Questa dopo essere stata rimossa nel 1888 e trasferita in Palazzo Pubblico, è tornata da poco nella sua sede originaria.
Infatti, è ormai ampiamente condiviso che l’attività di Guido si svolse tutta dopo la metà del Duecento[4] e che quella iscrizione antica sembra testimoniare, piuttosto che l’anno di esecuzione dell’opera, un evento importante per l’ordine domenicano: è, infatti, l’anno della morta di San Domenico[5]. Tuttavia, la datazione è stata oggetto di una lunga controversia nella critica artistica e già nella metà del Seicento per l’erudito senese Isidoro Ugurgieri[6] costituiva la prova, in opposizione alla tesi sostenuta da Giorgio Vasari, della precedenza delle origini della scuola pittorica senese su quella fiorentina.
La Maestà di Guido tra Coppo di Marcovaldo e arte bizantina
In effetti la Maestà testimonia già, nella grandiosità di impianto e nella accentuazione dei contorni, una influenza dellaMadonna del Bordone di coppo di Marcovaldo; eseguita nel 1261 a Siena per la chiesa dei Servi, forse per riscattarsi a seguito della sconfitta dei fiorentini a Montaperti il 4 settembre del 1260.
L’opera offre un esempio di adeguamento al gusto dei primi anni del Trecento, quando un pittore duccesco – o forse lo stesso Duccio – ridipinse, come avvenne anche per la Madonna del Bordone di Coppo, i volti e le mani della Vergine e del Bambino. Le parti originali presentano durezze di disegno, stilizzazioni di provenienza bizantina e una gamma cromatica che alterna tonalità brillanti con toni delicati e violenti; azzurri lavanda e rosa pallidi misti a colori densi e cupi, tali da rendere incomprensibile l’entusiasmo e la celebrità che hanno sempre accompagnato l’opera anche in tempi moderni.
L’importanza delle ricerche di Luciano Bellosi
Il ridimensionamento e la corretta interpretazione della personalità di guido da Siena, e di contro il recupero di molti suoi contemporanei, sono dovuti alle ricerche di Luciano Bellosi[7] che ha fornito un quadro molto preciso della formazione di un contesto cimabuesco nel panorama artistico senese precedenti l’avvento di Duccio di Buoninsegna. Inoltre il Bellosi è riuscito a recuperare anche molti nomi, finora anonimi, e ad attribuire loro dei gruppi di opere confinate sotto una denominazione di comodo. Lo studioso è pervenuto a questo brillante risultato dopo aver riesaminato in maniera sistematica le tavolette dipinte che un tempo proteggevano i registri relativi a ogni semestre delle Biccherna[8].
A partire dal 1257 il “camarlingo” e i “provveditori”, magistrati della Biccherna, avevano predisposto la decorazione delle tavolette di legno che si sono conservate in numero rilevante. È noto che venivano registrati i pagamenti ai pittori anche per questi lavori di poco conto; per questo è stato possibile risalire al loro nome e, sulla base dell’analisi stilistica, attribuire loro opere di dimensioni ed importanza maggiore.
Un contesto cimabuesco a Siena
L’uso di decorare le tavolette si protrasse fino alla metà del Quattrocento. Allora fu deciso di continuare a decorare le copertine, ma invece di usarle a protezione dei registri vennero da allora conservate appese alle pareti dell’ufficio.
In questo modo un’altra personalità, contemporanea a Guido, del quale conserva qualche traccia, ma rinvigorita da assonanze cimabuesche, il cosiddetto Maestro delle Clarisse, è stata dal Bellosi identificata dal Bellosi con Rinaldo da Siena, autore della tavoletta del Biccherna del 1278, dove è rappresentato Don Bartolomeo de Alexis, monaco di san Galgano e conservata negli Staatliche Museen di Berlino.
Rinaldo da Siena e la critica
Il Garrison aveva trattato il nome convenzionale di questo maestro della straordinaria e singolare tavola con Cristo e la Vergine in trono del convento delle clarisse di Siena. Su di lui converge un piccolo gruppo di opere di altissima qualità, come la Croce dipinta del Museo civico di San Gimignano, la quale presenta un’iconografia piuttosto rara. Nelle tabelle marginali dei bracci della croce sono due busti di profeti grifagni, mentre i dolenti, la Vergine e il San Giovanni, che solitamente occupano i capocroce, sono rappresentati sul tabellone a fianco del corpo del Cristo. Inoltre, le cubizzazioni nel suo volto lo rendono ancora più fosco del Crocifisso di Cimabue nella chiesa di san Francesco ad Arezzo.
Roberto Longhi[9], inizialmente, gli aveva attribuito i dipinti murali con le Storie di Noè e il Sacrificio di Abramo della Basilica superiore di San Francesco ad Assisi, e Ferdinando bologna ne aveva in seguito ribadita l’origine senese[10].
Oltre Guido…
Per quanto riguarda Vigoroso da Siena, è evidente l’influenza del momento più antico di Cimabue sul dossale, caratterizzato dai toni melanconici e un poco cupi, della Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, dossale che, nonostante gli sforzi della critica per accrescere il catalogo, rimane l’unica sua opera certa (è provvista di firma) datata: 1291.
Anche su un altro pittore senese, identificato da Luciano Bellosi con Dietisalvi di Speme, tramite documenti di pagamento per la decorazione delle tavolette di Biccherna, quelle del 1264 con Ildebrandino Pagliaresi del 1270 con Ranieri Pagliaresi e del 1282 con Don Ghiffolino monaco di San Donato, si rifeltte precocemente l’influenza cimabuesca grazie alla quale si stempera e si addolcisce la dura grafia di Guido da Siena, raggiungendo nelle sue opere effetti sorprendenti grazie all’uso di una materia pittorica densa e pastosa, a volte stesa a piccoli colpi di pennello, come nella Madonna con Bambino Galli-Dunn della Pinacoteca di Siena, già attribuita allo stesso Guido.
Dietisalvi di Speme e Guido di Graziano
Dietisalvi di Speme è documentato dal 1259 al 1291, e gli spetta, oltre la già citata Madonna Dunn, un numero consistente di opere inizialmente attribuite a Guido da Siena o alla sua cerchia come, tra le altre, la Madonna di San Bernardino, che sembra fosse datata al 1262, il dittico di Santa Chiara e gli sportelli esterni del dittico del Beato Andrea Gallerani, dipinti che si conservano nella Pinacoteca di Siena.
Lo studio delle tavolette del Biccherna ha permesso a Luciano Bellosi di identificare una terza personalità che animava quello che, poc’anzi, abbiamo definito il “contesto cimabuesco” senese. Parliamo di Guido di Graziano, presente in vari documenti ma privo di opere. Bellosi lo identificò con il cosiddetto Maestro del dossale di San Pietro, che prendeva il nome dal dipinto della Pinacoteca co San Pietro in cattedra, Storie della sua vita e della vita di Cristo, attribuito dal Brandi e dal Carli[11] a Guido da Siena e ritenuto “il capolavoro della pittura senese del Duecento prima di Duccio”[12].
Nel paliotto si San Pietro Guido di Graziano si distingue ampliamente da Guido da Siena per il dolce fluire della linea. Ma soprattuttoper le delicate cromie che vanno dal rosa tenue e dall’azzurro ghiaccio degli abiti delle scenette laterali, al rosa ciclamo e all’ocra degli edifici sul fondo, punti di altissima raffinatezza inedita ai più.
In conclusione…
Al termine di questo excursus nella Siena pre Duccio, è facile intuire come il panorama artistco-culturale sia molto più variegato e fluido di quello che siamo abituati a pensare. Artisti come Guido da Siena, Vigoroso da Siena, Dietislvi di Speme ecc presero parte a quell’humus cimabuesco-bizantino che caratterizzò Siena fino all’avvento di un allievo di Duccio di Buoninsegna, ovverosia di Simone Martini.
Grazie alle recenti ricerche di Luciano Bellosi e Ferdinando Bologna, oggi conosciamo molti più nomi di quelli diffusi durante i primi del XX sec, quando si pensava che Siena fosse solo Duccio e Simone Martini.
Greta Cingolani per Questione Civile
Bibliografia essenziale
BOLOGNA 1962
F. BOLOGNA, La pittura italiana delle origini, Roma, 1962;
BRANDI 1933
C. BRANDI, La Regia Pinacoteca di Siena, Roma, 1933;
DE MARCHI 2022
A. De Marchi, Un incunabolo della nuova pittura senese alla fine del Duecento : alle radici del Maestro di Città di Castello (Nerio di Ugolino?)., Firenze, 2022;
DOMINIQUE 2014
V. Dominique, I pittori senesi ad Avignone nel XIV secolo, Firenze, 2014;
STUBBLEDINE 1964
J. H. STUBBLEBINE, Guido da Siena, Princeton, 1964;
TORRITI 1977
P. TORRITI, La Pinacoteca nazionale di Siena. I dipinti dal XIII al XV secolo, Genova, 1977.
[1] F. BOLOGNA, Nascita dell’arte senese, in Il Gotico a Siena, catalogo della mostra, Firenze, 1982, pp. 32-36.
[2] Di questa visione tout court dell’arte ce ne occuperemo nel prossimo articolo, parlando di Simone Martini e Guccio di Mannaia.
[3] G. CHELAZZI DINI, Pittura senese, Milano, 2002, p. 10.
[4] G. MILANESI, Della vera età di Guido pittore senese e della sua celebre tavola in San Domenico a Siena, in Giornale storico degli archivi toscani, III, 1859, pp. 3-23.
[5] J. H. STUBBLEBINE, Guido da Siena, Princeton, 1964
[6] I. UGURGIERI AZZOLINI, Le Pompe Sanesi, Pistoia, 1649, vol.I
[7] L. BELLOSI, Per un contesto cimabuesco senese: a) Guido sa Siena e il probabile Dietisalvi di Speme, in Prospettiva, 61, 1991, pp. 6-20.
[8] Ibidem.
[9] R. LONGHI, Giudizio sul Duecento, in Proporzioni, II, 1948, p.36.
[10] F. BOLOGNA, La pittura italiana delle origini, Roma, 1962, pp. 123-124.
[11] C. BRANDI, La Regia Pinacoteca di Siena, Roma, 1933, p.110; E. CARLI, I Capolavori dell’Arte Senese, catalogo della mostra, Firenze, 1946, p.25
[12] P. TORRITI, La Pinacoteca nazionale di Siena. I dipinti dal XIII al XV secolo, Genova, 1977, pp. 41-43