18 dicembre 1922: la violenza fascista massacra Torino

L’avvento del Fascismo nella città di Torino il 18 dicembre 1922


Esattamente cento anni fa, iniziando il 18 dicembre 1922, in due giornate di follia e terrore il capoluogo piemontese conosceva la violenza del fascismo. A un secolo di distanza il ricordo delle undici vittime della Camera del Lavoro e di quanto ne seguì è un obbligo morale.

Chi arriva a Torino alla stazione di Porta Susa, o chi utilizzi per spostarsi la metropolitana, può facilmente trovarsi davanti Piazza XVIII Dicembre. Non è una data ricordata anche altrove, come il Venticinque Aprile o il Due Giugno, è un tragico ricordo della città della Mole. Un tempo chiamata Piazza San Martino, come il corso in cui si immette, Piazza XVIII Dicembre ha mutato la sua toponomastica nel 1946. Non poteva farlo certo prima, ancora in tempo di Fascismo, visto che l’evento a cui fa riferimento riguarda proprio la violenza del regime e dei suoi sostenitori.

Passarci abitualmente, considerarla luogo di incontro o fermata a cui scendere, non consente di riflettere sempre con attenzione e puntualità sul suo significato. In occasione del centenario di quel Diciotto dicembre 1922 però, appare giusto approfondire questa storia che per Torino è e resta ferita aperta. Una delle tante provocate dal regime.

Torino allo specchio

Girando per il capoluogo piemontese non è raro trovare targhe e insegne che ricordano il Fascismo e la guerra.
Molte sono dedicate agli ultimi giorni del conflitto, ai partigiani morti in aprile, intorno alla Liberazione, quando ancora si combatteva senza tregua.

Tuttavia, in una città operaia e in parte socialista come Torino, la violenza squadrista si era fatta sentire durante tutto il ventennio. Accaduti neanche due mesi dopo la Marcia su Roma, i fatti del Diciotto Dicembre, protrattisi in realtà fino al Venti, furono l’inizio della Torino Fascista. La violenza si fece strada immediatamente nel modo di fare del nuovo regime, mettendo in chiaro cosa fosse concesso e cosa no.

L’opposizione apparteneva alla seconda categoria, e le azioni di rappresaglia erano il metodo migliore per evitarla.
Far calare il paese in un clima di terrore per mantenere solido il potere del Fascismo era il punto di partenza della dittatura.

Dall’aggressione a Francesco Prato all’incursione alla Camera del Lavoro

La violenza del 18 Dicembre e dei due giorni successivi ha come origine l’attentato ad un operaio comunista la sera del 17. Il suo nome era Francesco Prato, un comunista.
Nonostante la differenza numerica, furono in tre a tendergli agguato, Prato si difese con l’utilizzo di un’arma da fuoco, sparando e uccidendo due dei suoi aggressori. L’azione di Prato non rimase silente, animando al contrario il desiderio di vendetta delle Camicie Nere, basato sull’idea della rappresaglia.

Iniziò così la mattina seguente, quella del 18 Dicembre, la violenza che Torino ricorda ancora fra le sue strade e le sue piazze. Le aggressioni di quei giorni di Dicembre, a una settimana dal primo Natale sotto regime, erano prova indiscutibile del clima che la Marcia su Roma aveva proiettato nel paese. La libertà di opinione, la possibilità di dissentire, la militanza politica avversa; tutto era destinato a venire messo a tacere violentemente.

È la mattina del 18 dicembre 1922, sette giorni al Santo Natale. Cinquanta squadristi fascisti entrano nei locali della Camera del Lavoro di Torino. A capeggiarli c’è Piero Brandimarte, militare, insignito di onori e medaglie durante e dopo la Grande Guerra. Brandimarte guida le Squadre d’Azione Piemontesi. È lui che ha condotto i conterranei a Napoli e poi a Roma alla fine di ottobre, quando Mussolini ha radunato i suoi per prendere il potere.

Negli uffici in cui fanno incursione sono presenti tre persone: Vincenzo Pagella, deputato Socialista, Arturo Cozza, ferroviere, e Pietro Ferrero, segretario della federazione dei metalmeccanici. Le Camicie Nere aggrediscono con violenza, picchiano, si gettano sui tre uomini per vendicare i fatti della sera prima. Sopravvissuto a quella mattina, il giorno dopo Ferrero verrà preso, legato ad un camion e trascinato avanti e indietro per la città fino alla sua morte. Torino stava conoscendo la violenza Fascista.

18 e 19 dicembre 1922, le undici vittime della violenza fascista

Gli attacchi non si fermano all’incursione alla Camera del Lavoro. Le personalità scomode, contrarie, da punire, si conoscono e sono cercate, nel privato e nel pubblico.

A Nichelino viene ucciso Carlo Berruti, portato nelle campagne della sua cittadina e freddato alle spalle. Un’osteria dalle parti di Via Nizza, vicino al quartiere Lingotto, viene perquisita. L’oste, Leone Mazzola, viene ucciso al suo interno. L’operaio Giovanni Massaro prova a scappare, ma l’inseguimento dei Fascisti lo porta a morire dentro casa sua, dove è raggiunto dagli squadristi.

Cala la sera su Torino, il buio non ferma il desiderio di vendetta delle Camicie Nere, a quasi ventiquattrore dal primo episodio. Matteo Chiolero e Andrea Chiomo, entrambi comunisti, vengono prelevati nelle loro case, uno ucciso a colpi di pistola e l’altro massacrato di botte. Simile è la sorte di Emilio Andreoni e Matteo Tarizzo. Neanche casa è un posto sicuro per gli Antifascisti torinesi.

Il giorno successivo le violenze non si placarono, altro sangue scorse lungo le vie di Torino e della sua provincia. Cesare Potecchino, Angelo Quintagliè, Evarisio Becchio sono le ultime tre vittime dei due terribili giorni Torinesi. Si salva Stefano Zurletti, cognato di Potecchino con lui ferito sulle colline cittadine ma non colpito a morte. Becchio, similmente a quanto accaduto a via Nizza il giorno prima, viene trovato in un’osteria e portato fuori per essere ucciso.

La vita di Quintagliè è invece tolta per la colpa di aver parlato della terribile morte del Berruti. La caccia all’uomo lascia sull’asfalto undici martoriati corpi. A questi si aggiungono i feriti, gli edifici date alle fiamme, le conseguenze sulla popolazione che vive due giorni di follia. Il Fascismo a Torino è arrivato con tutta la sua violenza, fin dentro le case di chi si permette di avere un’opinione diversa.

Le conseguenze giuridiche tra Fascismo e Repubblica

Durante il periodo Fascista le violenze di Torino non furono processate grazie all’amnistia del Guardasigilli Oviglio, arrivata nel Natale dello stesso anno. Le due giornate portarono scompiglio all’interno del partito, alcuni esponenti ne condannarono le azioni ma ciò comportò solo una riorganizzazione del Fascio torinese. Nessuna conseguenza giudiziaria per accaduto.

Al contrario, risolti con lo scioglimento e la ricostruzione del Fascio Torinese i conflitti interni, Brandimarte recuperò il suo ruolo. A lui, comandante della legione locale, venne delegata la riorganizzazione del movimento nel capoluogo.
Sarà lo stesso Brandimarte a dichiarare due anni dopo “noi possediamo l’elenco di oltre tremila nomi sovversivi. Tra questi tremila ne abbiamo scelti 24 e i loro nomi li abbiamo affidati alle nostre migliori squadre, perché facessero giustizia”. Lo scopo di punire e terrorizzare gli oppositori Torinesi era stato premeditato con attenzione e poi raggiunto, grazie anche al pretesto dei due morti del 17 Dicembre.

Dopo la Guerra, la fine del Fascismo e l’avvento della Repubblica qualcosa provò a cambiare. Nel 1950 Brandimarte e altri cinque uomini (Maurizio Vinardi, Giacomo Lorenzini, Carlo Natoli, Nino Macellari e Ferdinando Sartini) andarono a processo per le violenze del 1922 a Torino. Condanne arrivarono solo per Brandimarte, Macellari e Vinardi, gli altri tre imputati furono assolti per insufficienza di prove o, come nel caso di Lorenzini, non aver commesso il fatto.

Il giudizio di primo grado arrivò in Appello due anni più tardi a Bologna, dove le condanne vennero quasi tutte stralciate.
Lo stesso Brandimarte, nonostante le precedenti dichiarazioni, venne assolto dai giudici per insufficienza di prove.

Pochi giorni dopo la strage L’Avanti scrisse: “Sulla tragedia di Torino scenderà assai prima il silenzio che l’oblio”. Cento anni più tardi tutto ciò che ci resta è ricordare, sempre, le terribili giornate di quel dicembre torinese.

Francesca Romana Moretti per Questione Civile

Sitografia

  • https://www.collettiva.it/copertine/italia/2021/12/18/news/la_strage_di_torino-1744749
  • https://www.museotorino.it/view/s/93f2437964c34c53a38d8a3df34d2a5e
  • https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/12/13/1922-torino-la-prima-strage-nera.html
  • https://www.ildolomiti.it/societa/2021/i-nostri-morti-si-vendicano-la-strage-di-torino-e-il-fascismo-alla-conquista-delle-grandi-citta-industriali
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