Particelle subatomiche: la retorica quantistica di Daniele Del Giudice
Nell’opera di Daniele Del Giudice è possibile individuare una vera e propria retorica quantistica, ovvero una configurazione formale votata alla rappresentazione delle azioni dei personaggi secondo la logica delle particelle subatomiche. Del Giudice è stato un autore estremamente vicino alla disciplina fisica, e ha deciso di avvicinare i due mondi concettuali attraverso una scrittura che tenesse conto dei più recenti dettami della meccanica quantistica. Il suo uso dei tempi verbali è perciò ricercato, in un andamento straniante che contribuisce a suscitare il senso di temporalità tipico del mondo quantico.
Un’orchestra temporale
Come osservato da Pierpaolo Antonello[1], l’uso dei tempi verbali di Del Giudice imita i movimenti propri delle particelle subatomiche: esse non esistono in un presente definito bensì fluttuano senza sosta tra un passato e un futuro entrambi prossimi, tra un immediatamente prima e un immediatamente dopo. Si spiega così l’utilizzo – assolutamente anomalo per una narrazione romanzesca – del passato prossimo, tempo verbale caratterizzato da un legame persistente col presente. Gli eventi si verificano come all’interno del sub-mondo quantico: l’effetto della loro compiutezza deriva da un’attualità che non può discernere dal passato dal quale proviene. Il pendolo oscilla così tra un prima e un dopo senza soluzione di continuità e senza mai fermarsi definitivamente sul momento presente, bensì sfiorandolo appena.
Si legga un esempio breve ma denso tratto da Atlante occidentale: «Il telo, lasciato a metà, cadde del tutto; è apparso il tettuccio a goccia di uno Spitfire Supermarine[2]». Come risultato di una prima azione compiuta in un tempo estremamente anteriore – participio passato «lasciato» –, accade un evento in un passato altrettanto lontano ma comunque successivo data la consequenzialità causale – passato remoto «cadde»; subito dopo però, senza alcuna cesura al di fuori di un debole punto e virgola, viene registrato un avvenimento posteriore – passato prossimo «è apparso» – che conserva un’influenza attiva sul presente dell’istanza narrativa, sul momento nel quale la voce del narratore riporta le vicende – cioè il presente diegetico sottinteso ma chiaramente percepibile dall’espressione temporale del passato prossimo. Siamo dinnanzi a un’orchestra temporale estremamente variopinta, a tratti confusionaria e straniante.
Gli avverbi delle particelle subatomiche
La mancanza di una temporalità tradizionale, di una normativa nell’utilizzo dei tempi verbali, impedisce la corretta scansione delle vicende narrate. Ciò viene accentuato nel momento in cui si pone attenzione alla fisionomia degli avverbi temporali, i quali molto spesso entrano in conflitto con le voci verbali alle quali sono associati in un caleidoscopio cronologico difficilmente contornabile ma vicino ai moti delle particelle subatomiche. Dallo Stadio di Wimbledon:
Qualche marinaio affacciato guarda giù con un senso di rilievo e di proprietà. Non so se si può salire a bordo; cammino lungo il molo, finché trovo un posto per sedermi. Da qui si vede bene: alta e vicina, in una strana intimità. Dopo un po’ sono arrivati un ragazzo e una ragazza con gli zaini, hanno imboccato la passerella come il seguito naturale della loro strana; hanno gridato all’ufficiale sulla battagliola: “Siamo francesi! È meraviglioso trovare una nostra nave qui”. Ci sono stati molti sorrisi, poi in fila indiana sono scomparsi tutti e tre in un boccaporto. Adesso cammineranno nei passaggi stretti tra le paratie; davanti a ogni locale, prima di entrare, la loro guida illustrerà il significato della sala[3].
Il brano comincia adoperando verbi coniugati al presente che trasmettono la sensazione di azioni durature, quasi statiche nella loro estensione. L’arrivo dei due ragazzi francesi e ciò che ne consegue si staglia perciò nitido sulla scena temporale, ma l’avverbio di posteriorità «dopo un po’» contraddice l’uso del passato prossimo «sono arrivati»: la consecutio temporum tra le azioni precedenti del protagonista e quelle successive dei giovani turisti appare concettualmente stravolta. Tale cortocircuito cronologico si applica anche all’utilizzo dell’avverbio «adesso», indicante una contemporaneità ma affiliato al verbo futuro «cammineranno».
Una sintassi accogliente
In una tale temporalità stagnante, nella quale il passato e il futuro si avvicendano generando un presente scivoloso e provvisorio, anche il livello sintattico viene alterato al fine di ospitare i movimenti e i gesti delle particelle subatomiche. La convenzione causa-effetto viene così annichilita da uno stile asindetico e dall’impiego assiduo del gerundio:
Da uno dei box dove una volta c’erano gli offices delle compagnie è uscita la signorina del noleggio, è andata verso il bar dove Brahe ed Epstein bevevano di spalle. Ha detto: “Ah, dunque vi siete incontrati!”. Epstein ha sorriso voltandosi, la donna ha guardato Brahe con curiosità ma leggermente spostata verso Epstein, quasi dal suo punto di vista: “Questo giovane voleva a tutti i costi conoscerla”. “Eh già”, ha detto Brahe finendo di bere. La donna aveva in mano un libretto di volo scolorito, consumato alla cucitura, lo ha allungato a Epstein che velocemente lo ha fatto sparire nella tasca della giacca. Lei ha recuperato una posizione più bilanciata tra i due, osservandoli come un’immagine complessivamente ricomposta, ha detto: “Bene, vi lascio”[4].
Se non c’è una progressione coerente tra passato e futuro, viene altresì preclusa la possibilità di un determinismo causa-effetto. Il risultato è una cronologia sintattica orizzontale che affoga i movimenti dei personaggi in una palude di tempo indifferenziato dove a un’azione non corrisponde necessariamente una reazione: la mancanza di congiunzioni, la debolezza della punteggiatura e la cascata proposizionale uniformano l’ordine delle vicende e liberano queste ultime dai nessi della causalità. Il ricorso generoso al gerundio suggella il livellamento episodico in un unico piano privo di una gerarchia temporale precisa.
Verso la simultaneità della retorica quantistica
Le azioni da consequenziali diventano simultanee; i protagonisti di Del Giudice assistono ai gesti umani come fossero moti delle particelle subatomiche, e il compito dell’autore è di restituire al lettore la stessa attitudine percettiva:
Dai quattro angoli della piattaforma venivano fuori dei cavi di acciaio, li hanno serrati ai martinetti e poi hanno cominciato a tirare. Tiravano lentamente, con molte grida. Il cemento prima si è compresso poi si è dilatato, alla fine c’è stato uno schianto secco, un boato nella valle e il ponte è andato a posto. All’ufficiale non ho detto che era stato un momento di assoluta simultaneità, in cui tutto appariva compresente[5].
Aldo Baratta per Questione Civile
[1] Cfr. P. Antonello, La verità degli oggetti, La narrativa di Daniele Del Giudice fra descrizione e testimonianza, “Annali d’italianistica”, XXIII (2005), p. 221.
[2] D. Del Giudice, Atlante occidentale, [1985], Torino, Einaudi, 2019, p. 11.
[3] Id., Lo stadio di Wimbledon, [1983], Torino, Einaudi, 2021, p. 47.
[4] D. Del Giudice, Atlante occidentale, cit., p. 15.
[5] Id., Lo stadio di Wimbledon, cit., pp. 5-6.